Renzo Zerbini, l’uomo che ha venduto 25mila Vespa in 40 anni

Renzo Zerbini

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La Storia

Il Signor Zerbini, per tutti Renzo, il mitico Renzo, ci aspetta davanti alla sua officina. “Salve! Ancora al lavoro?” “Ma no: oggi faccio il guardiano del tesoro. Venite. Vi aspettavo” Con i suoi scintillanti occhi azzurri, tutto pieno d’energia e di brio, Renzo ci invita ad entrare nel suo salone dove, tutte schierate come in parata si allineano dozzine di Vespe, disposte in ordine crescente d’età di produzione.
“Se la Moto Guzzi avesse accettato di curare la distribuzione commerciale della Vespa, oggi non sarei qua”

“Ma si riferisce proprio alla Guzzi di Mandello?” “Certamente, proprio quella. Vede Enrico Piaggio amava costruire aerei. Mica moto! Ma la guerra era appena finita ed era necessario ripartire da zero, prima di pensare a volare. Che c’è di meglio di una produzione di largo consumo e innovativa? Poi però bisogna trovare sia punti di vendita sia officine di riparazione. Chi meglio della Guzzi avrebbe potuto assicurare la collaborazione giusta? Piaggio aveva visto giusto: ci voleva la Moto Guzzi con la sua fama e la sua capillarità.”

“Ha ragione, perbacco. E come mai non trovarono l’intesa?” “Eh, i produttori di grosse motociclette in passato avevano un atteggiamento quasi di disprezzo nei confronti di quegli scatoloni con le ruote basse e la carrozzeria che nascondeva motore e parti meccaniche.”

“Guardi, non me lo dica. Io sono un motociclista vero e gli scooter proprio non mi piacciono. Non sono motociclette, sono un’altra cosa” “E certo che sono un’altra cosa: puoi sederti comodo come in poltrona senza dover fare grandi sforzi per salire in sella. Sono mezzi che puoi guidare vestito bene senza preoccuparti che schizzi d’olio t’imbrattino i pantaloni … Siamo alla fine degli anni ’40. Le motociclette dell’epoca perdevano olio facilmente e le strade poi? Il 60% delle strade statali era stato messo fuori uso dai bombardamenti. Tratturi spesso, altro che strade”.

Beh, sì. In fondo oggi tutte le grandi case motociclistiche hanno in catalogo un’offerta molto ampia di scooter e di sicuro si vendono più scooter che moto” “Piaggio era uno tosto: incassò il rifiuto della Guzzi ma ci credeva così tanto nel progetto che allestì la linea di montaggio per la produzione di serie e si rivolse alla Lancia per averne l’appoggio commerciale. E si dà il caso che mio padre fosse un concessionario della Lancia e io un giovanotto pieno di belle speranze. Ero affascinato dalla rivoluzione progettuale della Vespa: la prima moto a scocca portante, priva di struttura tubolare in acciaio e, grazie a questo, priva di tunnel centrale. Gliel’ho detto: una rivoluzione vera e propria!”

“In questo suo salone ciò che dice lo si dimostra in modo perfetto: tutti i modelli che qui espone, tutti prodotti in tempi diversi, sono sempre identificabili come Vespa, uno degli esempi di design industriale più riuscito al mondo. Nel 1946 gli inglesi non certo teneri nei nostri confronti, scrivono che la Vespa è un prodotto interamente italiano come non se ne vedevano da secoli dopo la biga romana. Ma mi racconti: lei lavorava in officina meccanica con suo padre, sicché s’intendeva parecchio di motori”.

“Per forza. Pensi che anche l’Innocenti venne a proporci di vendere le loro Lambrette. Smontammo i due scooter per vedere com’erano fatte davvero. La Vespa era incredibile: la sospensione anteriore era ispirata ai carrelli d’aereo; il motore anche quello era derivato dai motori d’accensione aereonautici. Cambio al manubrio per maggiore semplicità d’uso e telaio chiuso per riparare gli abiti dalle perdite d’olio. Ruota di scorta praticamente indispensabile in quell’epoca in cui forare era piuttosto frequente, dato le condizioni delle strade. Posizione di guida per nulla affaticante. Forse Lambretta e Vespa si ispiravano agli stessi principi estetici. Ma mi creda: meccanicamente la Vespa era di una semplicità e una facilità d’intervento per noi meccanici davvero esaltante”.

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“Quando ero ragazzo io negli anni ‘60 le vespe filavano velocissime” “Beh, le prime, quelle degli anni ’50, non tanto. I suoi tre cavalli di potenza ti facevano andare, al massimo, a 60 all’ora e in salita bisognava avere parecchia pazienza.” “Lei ha cominciato a vendere Vespa, se ho capito bene nel 1948. Vero?” “Eh sì. La Vespa ha già due anni e la produzione cresce a ritmi forsennati. La Piaggio fa uscire poco più di 2000 pezzi l’anno del lancio, il 1946 e quasi 20.000 appunto nel 1948”.

“Ci volevano un sacco di soldi per comprarla?” “Certo 68.000 lire rappresentavano diversi mesi di stipendio per uno che lavorava. Ma si poteva pagare a rate. Sicchè tutti la volevano.”

“Si ricorda la prima Vespa che ha venduto?” “E come no! Ecco qua. Era il 25 settembre del 1948. E’ tutto scritto in questo registro, vede? C’è scritto tutto: il nome e l’indirizzo dell’acquirente, il giorno in cui ha fatto il contratto” “Scommetto però che alle donne non ne ha vendute mai se non forse negli anni ’70 quando le fanciulle si sono emancipate” “Si sbaglia. E di grosso. Guardi qua: carta canta! La Signora Elisabetta Valle acquista una Vespa il 12 ottobre 1948” “Accidenti. Doveva essere un venditore irresistibile.” “Sa quante Vespa ho venduto in un giorno? Quarantadue: praticamente una Vespa ogni quarto d’ora!”

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“Ma nei primi anni ’50 come faceva la gente ad imparare a guidare questi mezzi?” “Toccava a noi concessionari far loro imparare i primi rudimenti. Pensi che un giorno un ingegnere, appena comprato il mezzo, mi chiede di spiegargli come si guida. Gli do tutte le istruzioni poi mi accomodo sul sellino posteriore per assicurarmi che abbia capito bene e fargli fare un po’ di pratica. Bene: questo signore mette la prima, stringe la frizione, dà gas fino a imballare il motore. E poi molla la frizione all’improvviso”.

“Piombiamo sulla statale qui di fronte alla concessionaria, l’attraversiamo in tromba, saliamo sul marciapiede di fronte e come ho fatto non lo so, sono riuscito, prima di sfasciarci contro un muro a raggiungere il bottone di massa e a far spengere il motore.”

“E poi questo suo cliente se l’è cavata?” “Ma si. Col tempo e la pazienza …. Però due episodi che lo riguardano glieli voglio raccontare. Un giorno ripiglia la Vespa dall’officina dove l’aveva portata per riparare una foratura.” “Mi raccomando, vada piano – gli dico – Non tiri le marce. Il motore deve essere rodato. Dopo tre o quattro ore ritorna tutto felice. Com’è andata gli chiedo. E’ andato piano? “ “Pianissimo mi fa: pensi che ho fatto il giro dei 25 (i 25 comuni intorno a Rivarolo) tutto in prima!”

“E l’altro aneddoto?” “Questo ingegnere, qualche tempo dopo, ha invitato la sorella a seguirlo in Vespa, sempre nel giro dei 25. Ad un certo punto, dopo una lunga discesa in cui aveva preso velocità, prima di una curva, s’è spaventato: “Buttati, buttati …” ha detto alla sorella che s’è lanciata via dalla sella. Cadendo s’è rotta, poveretta, un braccio.” “E l’ingegnere?” “Chi? Lui? Nulla. Chissà come, ha concluso la curva ed è rimasto in piedi. Lui non è mai caduto!”

“Capisco che insegnare a guidare sia stato un compito importante che voi, primi concessionari, avete dovuto assumere in prima persona” “Per forza: senta questa. Vendo un’Ape: affido il compratore al mio collaboratore più esperto che dopo un’ora torna sconsolato, confessando che il cliente non ha imparato nulla di nulla. “Quando gli fo prendere lo sterzo ora lo tira a destra, ora lo tira a sinistra, a diritto non riesce proprio ad andare e si rischia sempre di finire nel fosso!” “Allora portalo nel piazzone della stazione di San Martino che lì ce n’è di spazio e di fossi neanche l’ombra!”

“Certo che in quegli anni, c’era così tanto posto e zero traffico che a forza di provare la gente imparava a guidare” “Sì, era proprio così. Ma poi la gente era diversa, era fatta in un’altra maniera” “In che senso?” “Senta questa: ecco qua. La Vespa 400 L’ha mai vista?” “Ma mi sembra una vettura.” ”E’ una vettura; altro che storie! Questa è proprio la prima vetturetta costruita dalla Piaggio che fu terminata nell’estate del ’52. Pensi lei che le prove fuori dallo stabilimento le fecero di notte. Tra il 10 e 17 agosto del ’53 giravano sulle strade (sia asfaltate che sterrate), che da Pontedera, conducevano nella provincia senese per evitare d’essere visti. Duecento chilometri a notte si sparavano quegli eroi! La macchina munita di ruote da 10 pollici, era spinta da un motore a due tempi. Propulsore e cambio, gravavano sul treno anteriore. Ma la tenuta di strada lasciava a desiderare (sterzo troppo sensibile, interasse eccessivamente corto rispetto alla carreggiata). Allora ci lavorarono sopra un sacco e nel 1955 la perfezionarono fino al punto da pensare di produrla in serie. Nel frattempo, Piaggio incontrò Vittorio Valletta, presidente della Fiat (industria che proprio in quel periodo stava sviluppando la Nuova 500), che fece osservare come fosse commercialmente più conveniente non intralciarsi nel mercato a vicenda, quantomeno in territorio nazionale. E così la Vespa 400 nel 1957 cominciò ad essere costruita in Francia e non venne importata in Italia al fine di evitare rapporti conflittuali con la FIAT. Perché era proprio una specie di 500 o anche simile alla Bianchina: confortevole ed elegante, mossa da un bicilindrico a 2 T, quindi scattante, con misure minime d’ingombro, facile a guidarsi, con il riscaldamento montato di serie e il tetto apribile in tela…. Insomma davvero una specie di 500. Ma la Fiat arrivò prima e bloccò ogni spazio.” “E lei com’è arrivato ad averla?” “Andando in Francia la vidi e me ne innamorai. Ma non si potevano importarle in Italia. Io avevo una casa a Bordighera. Un amico di lì mi dice che a Tenda c’è un tizio, un garagista che ne ha due di queste bellissime Vespa 400. Il mio amico mi dà l’indirizzo e con mia moglie vado a trovare il signor Bresso, così si chiamava questo garagista. Ci conosciamo, cominciamo a discorrere e arrivo al punto: visto che ne ha due, me ne venderebbe una? No, mi risponde deciso. E non si sposta d’una virgola. Io però nemmeno. Per DIECI (10) anni lo corteggio: macchè! Nulla da fare. Il Bresso non cede. Poi un giorno succede un miracolo. Un mio amico avvocato mi racconta d’aver vinto una causa per un suo cliente di Tenda. Non si chiama mica Bresso per caso? Gli fo. Sì, è proprio lui? Perché? Lo conosci? Allora convinco il mio amico avvocato a perorare la mia causa e fu così che dopo 10 anni finalmente sono entrato in possesso della mia agognata Vespa 400. Adesso la vede così, bella e scintillante, Se l’avesse vista in che condizioni era ridotta!”.

“Ma questo è un cannone! Ma che cos’è? Una Vespa da guerra?” ”Proprio. La usavano i francesi (ancora loro) nella guerra d’Indocina.” “Ma è pazzesca!” “La paracadutavano coi soldati che l’inforcavano e via a combattere” Ma come facevano a sparare?” “C’è un doppio cavalletto davanti, vede?. Fissata a terra puntavano il cannone che ha la particolarità di non avere rinculo.” “E questo è un modello che ha fatto la guerra?” “Bah. Di preciso non lo so. Io so che un giorno trovo questa Vespa ma senza cannone. Ha previsto l’alloggiamento nello chassis ma il cannone non c’è. Ora non si può restaurare una cosa se non la si riporta esattamente al modello originale. Il problema era trovare il cannone che non è un articolo, diciamo, che trova in tutti i ferramenta della zona. Ma con la solita pazienza e la tenacia m’informo, m’ingegno e lo costruisco. Poi siccome ci ho preso la mano ne faccio 11 che vendo ad altri collezionisti. Il giorno che finalmente il cannone l’ho pronto, lo metto sul tetto della macchina per andare a sistemarlo poi nella Vespa che avevo restaurato e che tenevo in un capannone in zona. Nell’andare mi fermo a prendere un caffè e lascio la macchina parcheggiata di fronte al bar” “Col cannone sul tetto?” “E che dovevo fare? Portarlo al bar anche lui? Insomma son lì che sorseggio il caffè quando sento una gran frenata, uno stridio bestiale di gomme, voci concitate e vedo entrare due poliziotti con le pistole in mano che urlano “Di chi è il cannone lì fuori?” “E com’è finita?” “Ci siamo fatti poi delle gran risate e ho guadagnato qualche altro amico”

“Di sicuro non le sono mancati attestati di stima e d’affetto. Tutti questi diplomi che ha qui dimostrano tutti i suoi successi in 40 anni d’attività. Dal 1948 al 1988. Vero?” “Si certo, sono stato il miglior venditore d’Italia. E il mio record di vendita regge ancora. Nella mia zona c’era una diffusione pazzesca di questi meravigliosi scooter: uno ogni 23 abitanti” “Quante Vespa ha venduto in 40 anni?” “25.000. Ma a 60 anni ho detto basta e da trent’anni mi occupo di restaurarle per poi esporle. E ora a 90 anni suonati son qui che ricordo i bei tempi, vado ai raduni, cerco ancora qualche esemplare raro sui cui mettere le mani e farlo tornare bello come il sole ….. Però ho un cruccio sa? Un anno ho venduto 997 Vespa. Un bel record perché di solito ne facevo fra le 6 e 700. Quell’anno lì, era il 1966, per tre pezzi non ho fatto 1000. Mi sarebbe tanto piaciuto fare cifra tonda!”

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Da sempre realizziamo montascale per consentire libertà di movimento ai nostri clienti. Dall’ascolto dei loro racconti nasce il progetto Stannah Racconta, una raccolta di storie di uomini e donne straordinariamente ordinari.

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