Pastorale americana del professor Celli e di sua moglie

Aldo Celli

La Storia

Ho appena finito di leggere “Prima d’ora” (MobyDick Editore, Faenza 2012) che la professoressa Franca Celli Olivagnoli m’ha donato in occasione della visita che ho fatto a lei e a suo marito. Confesso che sono tutto scombussolato, commosso, emozionato. In sette racconti, due brevissimi, uno che invece è un piccolo romanzo, la professoressa dà vita, attingendo alla storia d’Italia dalla fine dell’Ottocento fino alla liberazione dal fascismo, ad una moltitudine di persone ordinarie, uomini ormai vecchi, malinconici e donne ancora giovani povere e sole, contadini e partigiani.

Le loro vite sono rappresentate con un’intensità triste e piena di compassione. Ogni racconto mi fa sentire vicinissime queste figure così delicatamente tratteggiate e mi sembra di partecipare agli eventi che si rovesciano loro addosso, come in “Alba” e in “Cinque uomini da salvare” o che a loro semplicemente capitano, come ne “La Casa di Egisto” ma anche in “Nuvole e lucciole”.

Nel primo racconto della raccolta “La terra, la ferrovia, il re” ho partecipato sorridendo per l’ingenua reazione dell’anziano possidente che vede sbriciolarsi attorno a sé il solo mondo che concepisce possibile. Nel quasi romanzo “Io e Sam” che passa dall’idillio allo strazio con un tratto sempre gentile, carezzevole, mi sono trovato completamente coinvolto nel dipanarsi di una storia d’amore lieve e felice tra una giovane donna costretta dopo il diploma magistrale ad interrompere gli studi e un non più giovane professore universitario che s’è rifiutato di firmare il giuramento al fascismo e per questo vive in volontario esilio nei boschi, sui monti. In questo mondo fatato s’accende progressivamente, quasi inesorabilmente l’amore fra queste due persone.

Qui sono lontani da tutto ma non immemori dello strazio che vive l’Italia. Proprio per il dovere morale dell’impegno tornano in città dove, poco dopo, la repressione li separa ma non taglia il loro amore. Quando nei giorni d’aprile Firenze viene liberata e il professore sta per tornare dal confino, una sventagliata di mitra di un nazista in fuga spenge irreparabilmente il frutto che il loro amore aveva saputo creare e del quale il professore era ancora ignaro.

Infine l’ultimo racconto “La cosa meravigliosa” m’ha incantato per l’emozionante risposta che un renaiolo, prostrato dalla fatica e dalla cattiva sorte sa dare al figlio piccolo, lui colmo d’entusiastica ingenuità che il padre sa non spengere.

Ora che ho riposto il libro accanto a me e ne carezzo la copertina come si fa quando si è amato ciò che si è appena finito di leggere e che ancora ti pervade, ripenso alla visita che ha fatto a casa dei signori Celli. Accolto nel loro caldo ed ospitale salotto, la signora Franca e suo marito Aldo, noto professore universitario, mi permettono di curiosare nelle loro vite di intellettuali poliglotti impegnati nello studio e nell’insegnamento.

Il professore è una persona straordinariamente vivace che sa punteggiare la sua narrazione con una gestualità simpaticamente animata. Questo di oggi è il nostro terzo incontro e debbo confessare che queste occasioni d’incontro mi piacciono sempre di più. Mi sa che le creo apposta.

Oggi in particolare mi sento particolarmente gratificato di un dono che il professore mi fa: una raccolta da lui curata di Canti indiani del Nord America. E’ un libricino pubblicato da Sansoni nel 1956. Da quando sono tornato a casa non sono ancora riuscito a riporlo. Ripenso alle sue considerazioni e la sua voce che me lo presenta mi risuona in testa. “Gli uomini dalla pelle dipinta di rosso delle coste atlantiche della Nuova Inghilterra ce li hanno sempre presentati come della gente che faceva versi strani, ululati, urla …. Senta questa lirica di una delle tribù marittime che abitavano le isole e le coste frastagliate dell’estremità nord occidentale dell’America ….

Canto d’amore Haida
Bella è lei, questa donna,
come fior di montagna;
ma fredda, fredda ell’è,
come il cumulo di neve
dietro cui fiorisce
“Chi erano in realtà questi esseri umani? Il loro patrimonio poetico è quasi completamente sconosciuto fra noi e pochissimo noto negli stessi Stati Uniti. Gli indiani d’America vantano una straordinaria tradizione orale.

Nella prima metà dell’ottocento inizia un vero e proprio lavoro di ricerca sulla poesia indiana che non è mai disgiunta dal canto e dalla danza, perché il canto è per gli indiani il modo più diretto per comunicare con gli spiriti che dominano il mondo. Questa prerogativa di comunicare direttamente con gli esseri supremi non è limitata agli uomini ma è propria anche alle piante e agli animali. Legga questa lirica Yaqui, una tribù del sud dell’Arizona:
Un cespuglio
Se ne sta seduto
Sotto un albero
E canta

Nell’introduzione del suo libro il Prof. Celli scrive: “Per gli indiani il rapporto fra ciò che è mortale e ciò che non lo è avviene per mezzo di un linguaggio universale: cantano i cieli, cantano gli alberi, cantano i serpenti, tutto può cantare e il suono stesso generalmente accompagnato da movimenti ritmici può essere sufficiente ad ottenere questo rapporto”.

Condivido appieno quanto il professore più avanti scrive: “Certe liriche degli indi americani richiamano alla mente i lirici dell’antica Grecia, tale è l’intensità e la potenza lirica, tanta è la forza evocativa della parola e dell’immagine”.

Davvero questa lirica Nootka, una tribù che abitava un vasto territorio nello Stato di Washington, se non fossi stato preparato dal professore non mi sarebbe mai venuto in mente che potesse appartenere alla cultura dei pellerossa.

Arcobaleno
Tu, che possiedi il giorno, fallo bello.
Prendi i colori del tuo arcobaleno
E sarà bello.

Avverto una profonda commozione quando il professore conclude: “Ci sono canti lirici che – anche letti in traduzione inglese – ce li sentiamo nascere dentro di noi come un sospiro d’amore o di dolore, o come il lento maturarsi di una meditazione. Questi canti degli indiani dell’America del Nord mostrano forse ancor più della loro arte decorativa, la sicurezza e la serenità di un civiltà nel suo felice sviluppo”.

Non ti accade mai,
a te lassù nei cieli,
non ti accade mai di stancarti
delle nuvole che stanno fra te e noi?

Il professor Celli ha condotto una vita molto impegnata, ha vissuto tantissimo all’estero, ha frequentato persone di grande spessore culturale e umano. Questo lavoro sui Canti Indiani del Nord America del professor Celli è per me un’opera bellissima che nella sua suggestiva liricità riesce a rappresentare la straordinaria umana.

stannah

Da sempre realizziamo montascale per consentire libertà di movimento ai nostri clienti. Dall’ascolto dei loro racconti nasce il progetto Stannah Racconta, una raccolta di storie di uomini e donne straordinariamente ordinari.

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